Opera: Blasted

Traduzione: Barbara Nativi

Data debutto: 16/09/1997

Luogo debutto: Teatro della Limonaia, Sesto Fiorentino (Intercity London II)

Regia: Barbara Nativi

Compagnia/Produzione: Laboratorio Nove

Interpreti e team creativo
con Silvia Guidi, Roberto Posse, Michele Andrei
scene e costumi Dimitri Milopulos
progetto luci Valerio Pazzi
musiche originali Marco Baraldi
aiuto regia Michele Panella

Tournée/Riprese

Teatro dell'Arte, Milano (4-15 ottobre 1997, sempre all'interno di Intercity London II)
Teatro Juvarra, Torino, 4-9 novembre 1997
Teatro della Limonaia, Sesto Fiorentino (4-8 ottobre 2000, all'interno di Intercity Berlin I - Back to London Progetto Kane)
Teatro della Limonaia, Sesto Fiorentino (28-30 febbraio 2002)
Teatro Stabile, Bolzano (20 aprile 2002)
Galleria Toledo, Napoli (23-28 aprile 2002)
Teatro Litta, Milano (10-19 maggio 2002)

Descrizione: La produzione, con la traduzione e regia di Barbara Nativi, risulta la prima relativa all'opera di debutto di Sarah Kane. Le scene claustrofobiche, a cura di Dimitri Milopoulos, ricordano lo sfarzo della Fenice di Venezia, distrutta in un incendio nel gennaio 1996, e ben rappresentano una stanza di un hotel di lusso, «di quelle tanto costose che si trovano in ogni parte del mondo»; qui si muovono e si confrontano Silvia Guidi (Cate), Roberto Posse (Ian) e Michele Andrei (il Soldato), in una girandola di atti di violenza efferata intessuti in quello che Rodolfo Di Giammarco definisce «ordito epico». Il Blasted di Laboratorio Nove è schiacciato sì dalla crudezza delle sue immagini, ma non si appiattisce mai nello squallore, lasciando spazio a immagini dalle quali emerge, inaspettata, la speranza, vero tema del dramma secondo l'autrice. Tra tutte, quella finale, beckettiana, con il ringraziamento di Ian a Cate per averlo riparato dalla pioggia con un ombrello, prima che la voce fuori campo che ha scandito le didascalie delle ultime scene evochi il buio sul palcoscenico.
Appare necessario sottolineare la prova attoriale magistrale di Posse, che interpreta un giornalista di tabloid con spiccato accento torinese e costruisce un personaggio detestabile, ma estremamente convincente, nelle sue oscillazioni e nella sua disperata paura del dolore.
Nessuna concessione all'eccesso per la regia di Nativi, che lascia parlare il testo senza aspirare a un naturalismo totalmente estraneo alle intenzioni di Kane. La voce fuori campo delle due scene finali, in particolare, è in grado di introdurre nello sviluppo della performance un cambiamento di ritmo utile a mantenere viva l'attenzione dello spettatore e una tensione che risveglia la consapevolezza della finzione drammaturgica, a fronte della realtà di un mondo ben più spietato di quello rappresentato in scena.

Contributi critici scelti
Patalogo n. 21, "I Festival", pp 149-150 (estratto della recensione di Franco Quadri pubblicato su La Repubblica, 7 ottobre 1997, non presente nell'archivio online del quotidiano)
Rodolfo Di Giammarco, "Sarah Kane: 'Io, hooligan del teatro", La Repubblica, 2 aprile 1997 https://bit.ly/2LDPBGh
Rodolfo Di Giammarco, "Infami dannati in scena a Intercity", La Repubblica, 20 settembre 1997  https://bit.ly/2OL8pVX
Roberto Incerti, "Così dolce così violenta. Ritratto di Sarah Kane", La Repubblica, 17 settembre 2000 https://bit.ly/2wG6TNp